Alessandro Tomaselli
Dove andiamo noi niente a che fare
Album di debutto, appena uscito, per Alessandro Tomaselli intitolato “Dove andiamo noi niente a che fare” registrato in presa diretta da Alessandro che ha cantato tutte le canzoni accompagnandosi con la sola chitarra acustica. Le tracce, infatti, sono state prodotte a Berlino nell’arco di una singola seduta in studio con il solo ausilio di chitarra e voce. Nell’ascolto, particolare attenzione deve essere riservata ai testi che sfoggiano equilibrismi tra il reale e l’astratto, tra la descrizione della strada e le divagazioni metafisiche con sconfinamenti nel sogno. Il disco si apre con la title track “Dove andiamo noi niente a che fare”, una ballata cantata con voce profonda e convincente. Grandi spazi e la paura di perdersi.
Testo impegnato e malinconico per una storia on the road che ci richiama alla beat generation e alla disillusione per le grandi speranze di vita mai realizzate. Segue “A me non basta” che parte con un arpeggio di chitarra acustica. Brano cantautorale con impianto musicale interessante e non consueto. Ancora una volta testi in bilico tra il quotidiano e l’ermetismo, tra le cose consuete e la liricità poetica. “Ieri e domani” ha un testo molto complesso e incalzante. Bella la parte centrale del ritornello con i vocalizzi di Alessandro. Ancora una volta l’atmosfera sembra pervasa da una impercettibile e sottile malinconia che, in questo caso, mette in connessione il passato con il futuro. “Walkie talkie” è una ballata più ritmata, con i toni bassi della chitarra e una spaziatura a largo respiro. Giochi di parole e testo enigmatico, assonanze verbali e costruzioni lessicali ardite. Ricerca della parola e incastri sonori declinati con voce profonda.
La canzone va via veloce con un crescendo disperato nel finale alla ricerca della vera libertà. “Corrina” è una dolce ballata, morbida, delicata e struggente con chitarra arpeggiata e atmosfere molto europee. “Duende” è un brano lento, cadenzato, sincopato, con testo ermetico e impegnato che piano piano prende vigore, aumenta di potenza e di liricità. Il testo è molto interessante. Uno dei brani migliori del disco. “Assurdo” ha un suono secco, asciutto, quasi graffiato. Procede incalzante con il suo testo, in equilibrismo tra immagini spezzettate e un’analisi disillusa della vita. “Odissea” è un brano dalla musica più dolce. Si tratta di un viaggio, reale o immaginario ? Chi lo sa ? La canzone corre via densa, quasi oleosa, nella sua costruzione opprimente. Ambienti scarni e pesanti, derive filosofiche, dolorosa inquietudine. “La canzone della madre” torna in una dimensione propriamente cantautorale, con giri musicali più consueti e più classici, lenta e struggente all’inizio, sale piano piano di tono e di ritmo nella parte centrale per finire nuovamente con una struggente malinconia. Testo ancora una volta spezzettato per immagini e sempre in chiave ermetica. Il disco si conclude con “Vivo al sesto piano”, un pezzo ironico, a volte sarcastico, sui problemi della vita di tutti i giorni.
Gli alti e i bassi, le aspirazioni e le speranze. Si parte dalle piccole cose quotidiane per arrivare a temi più grandi e complicati. Dopo circa un minuto di silenzio, troviamo una ghost track intitolata “Lecce città” che in questo caso è una canzone completa di arrangiamento, non solo con la chitarra ma con tutti gli altri strumenti. Si discosta quindi dal resto del disco, minimalista, solo chitarra e voce. Parte infatti con chitarra elettrica e batteria e a seguire il basso con un bel riff di ritmo e di stampo rock. Niente male davvero. Una conclusione imprevedibile per un disco a volte sorprendente, sospeso tra la realtà e il sogno, tra le scarne melodie della chitarra acustica da sola e la complessità dei testi ricercati, studiati, scolpiti, cesellati, densi di significato. Sicuramente da sentire più volte per cercare di entrare nel mondo di Alessandro Tomaselli, sospeso tra ballate cantautorali e testi complessi da decifrare. Sarebbe altresì interessante scoprire che forma prenderebbero i brani con un arrangiamento, anche minimale, curato con una base ritmica di basso e di batteria e magari una chitarra elettrica in background che introduce arpeggi e delicati assoli tra i fraseggi dei testi. Particolare ad esempio la bella “Duende” con le sue atmosfere mitteleuropee. Un lavoro diverso, stimolante, con testi assai curati, studiati e ricercati, da ascoltare più volte con attenzione per coglierne l’essenza anche se non è sempre facile percepirne il significato assoluto.
Pierluigi Daglio
YeahJaSì!BrindisiPopRecords
www.yeahjasi.it
Dove andiamo noi niente a che fare
A me non basta
Ieri e domani
Walkie talkie
Corrina
Duende
Assurdo
Odissea
La canzone della madre
Vivo al sesto piano
Lecce città
Alessandro Tomaselli: chitarra acustica