Live all’Orion Club, Roma
Dimmu Borgir
“An Evening with Dimmu Borgir”: già il titolo di questo fortunato tour fa pensare più ad un evento mondano che ad un’esperienza musicale estrema e disturbante.
Il Black Metal è definitivamente sdoganato affermandosi come una forma d’intrattenimento per palati fini che non mira più, o non esclusivamente, a turbare le anime ed i cuori assopiti.Il programma della serata è molto particolare e per certi versi frutto di una scelta radicale: due concerti, brevi ma distinti e nessuna band di supporto.Nella prima parte viene eseguito per intero lo storico “Enthrone Darkness Triumphant” che nel 1997 portò agli onori della cronaca musicale i Dimmu Borgir, all’epoca giovani ma non esordienti. Dopo un brevissimo intervallo segue una sorta di “Best of”, una carrellata di brani estratti da alcuni degli album successivi, per un’altra ora di musica.I nostri si presentano sul palco con un abbigliamento decisamente sobrio rispetto al passato, quasi a voler ribadire che è la musica, al di là di ogni orpello scenografico, a contare.
Il primo mini concerto si rivela molto piacevole: i vecchi brani riascoltati oggi mostrano forse qualche ingenuità che allora non eravamo in grado di cogliere, ma hanno comunque retto bene l’urto del tempo, e non solo quelli più famosi come “Mourning Palace” ed “In Death’s Embrace” ma anche quelli meno noti dei quali non avevamo più memoria.La seconda parte della serata è, come dicevamo, dedicata all’esecuzione di una serie di brani della carriera successiva a “Enthrone Darkness Triumphant”, quella che grazie ad album quali “Puritanical Misanthropic Euphoria” e “Death Cult Armageddon” ha innalzato i Dimmu Borgir all’Olimpo del Metal estremo. Anche i pezzi dell’ultimo “Abrahadabra” sortiscono un ottimo effetto sul pubblico, numeroso e partecipe.Pubblico che, dopo il consueto rituale del bis, è ancora avido di musica, come se non fossero già trascorse due ore piene, ma non si può certo rimproverare alla band di esser stata poco generosa!
Se volessimo istituire un confronto tra le due sezioni del live potremmo dire che i brani della prima parte pur non possedendo la perfezione formale e la magnificenza di quelli successivi, reggono meglio la prova del live, essendo più diretti e meno prolissi nell’esecuzione rispetto ai pezzi recenti, che avendo invece una matrice di stampo prettamente sinfonico ed essendo inoltre di per sé estremamente magniloquenti necessitano anche del supporto di numerose parti registrate.La scena è tutta naturalmente per i tre leader, il singer e i due chitarristi, mentre gli altri musicisti pur essendo musicalmente comprimari (il tastierista in particolare s’impegna a mettere nell’esecuzione un po’ di personalità), lasciano che tutta l’attenzione del pubblico sia rivolta ai frontman.
La famosa frase latina recitava “Graecia capta ferum victorem cepit” (la Grecia, conquistata [dai Romani], conquistò il feroce vincitore); noi la volgiamo a nostro favore, o meglio a favore dell’evento musicale che ci ha visti spettatori e diciamo, senza timore di eccedere nell’entusiasmo, che stavolta i Romani sono stati conquistati dai barbari Norvegesi, portatori di un verbo musicale così estremo e distante dalla tradizione italica, e per questo inesauribilmente attraente.
RosaVelata