Rbsn

Here

HERE  non è semplicemente il nuovo album di Rbsn: è una dichiarazione di presenza, un segnale lanciato nello spazio per dire “sono qui” e per scoprire chi, dall’altra parte, è disposto a rispondere. Dopo “Stranger Days”, disco che aveva già delineato un immaginario notturno, inquieto e profondamente influenzato da una sensibilità internazionale, Alessandro Rebesani compie un passo ulteriore. HERE amplia quelle atmosfere oscure e psichedeliche, le rende più porose, più umane, spingendole verso una dimensione ancora più profonda e sperimentale. È un album che non cerca scorciatoie né compromessi, ma che invita l’ascoltatore a entrare in una mappa emotiva complessa, fatta di deviazioni, ritorni e zone d’ombra.

Fin dalle prime note, HERE si presenta come un’opera concepita nella sua interezza. Le dieci tracce non sono episodi isolati, ma frammenti di un racconto unitario che intreccia folk, pop, rock ed elettronica in un linguaggio sonoro ricco, stratificato e visionario. Rbsn sembra aver messo temporaneamente da parte le sue radici più marcatamente jazzistiche per concentrarsi su una scrittura che spinge ogni genere ai propri limiti, contaminandolo con suggestioni elettroniche e ritmiche che guardano tanto alla scena internazionale quanto a un Sud del mondo evocato più per sensazioni che per citazioni dirette.

Il disco si apre con “This Life”, brano che funziona come un ponte tra ciò che Rbsn è stato e ciò che sta diventando. È una canzone intima, quasi trattenuta, che parla di vita e di morte, di distacco e di resistenza. La vulnerabilità è il suo motore principale: “Ill show you my secret if you stick around” suona come una promessa fragile, fatta a chi è disposto a restare anche quando tutto sembra sul punto di crollare. Musicalmente è un ritorno al grezzo, al suono che respira, lontano da qualsiasi patina superflua. Qui Rbsn sembra dirci che per andare avanti bisogna prima attraversare la perdita, senza edulcorarla.

Con Here”, la title track, le coordinate del disco diventano esplicite. La domanda “What are we doing here?” si trasforma in un mantra esistenziale, ripetuto come per trovare un appiglio nel caos. È un brano più criptico e visionario, che parla di identità, colpa e redenzione, di un “demon on my back” che può essere letto come depressione, coscienza o semplice peso dell’esistere. La musica martella, insiste, come se volesse costringere l’ascoltatore a fermarsi e a riconoscersi in quella ricerca di senso sospesa, priva di risposte definitive.

Il registro cambia con “Small Town Love”, uno dei momenti più immediati e dinamici dell’album. Qui Rbsn costruisce un piccolo universo sentimentale, fatto di inseguimenti, urti e mancanze. È una canzone sull’amore vissuto in spazi troppo stretti, dove il tempo sembra girare in cerchio. Il groove R&B moderno, i synth caldi e la produzione limpida rendono il brano scorrevole e quasi ipnotico, ma sotto la superficie emergono orgoglio, desiderio, dipendenza emotiva. È pop, sì, ma di un pop che non rinuncia alla complessità emotiva.

Il cuore emotivo del disco si trova forse in The Bear”, la traccia più intricata e viscerale. Qui Rbsn affonda in una dimensione allegorica e quasi mitologica: l’orso diventa un totem, una parte selvaggia e ferita di sé da affrontare insieme a qualcun altro. L’amicizia, la fratellanza, la condivisione del dolore sono i veri protagonisti di questo brano denso, ispirato a un soul dilatato che guarda a DAngelo e Dijon. È una canzone sulla resilienza, sulla fatica di vivere senza rinunciare alla possibilità di trovare senso nel dolore.

Da questa intensità si riemerge con il rock psichedelico di “You (Hallelujah)”, uno dei vertici emotivi e spirituali dell’album. Qui il linguaggio religioso viene svuotato di ogni retorica: l’“Hallelujah” non è un canto di vittoria, ma un grido disperato, un atto di resa alla vulnerabilità. Colpa, perdono e desiderio si intrecciano in un movimento ciclico che non promette salvezza, ma consapevolezza. È una canzone che mette in dialogo l’amore umano con qualcosa di più grande, senza mai chiarire se quel “qualcosa” ascolti davvero.

Down & Out” prosegue su un terreno più politico ed esistenziale, evocando un mondo distopico in cui resistere significa restare svegli, pensare con la propria testa. È un canto di sopravvivenza morale, stanco ma non rassegnato, che richiama certe atmosfere di Unknown Mortal Orchestra e The Smile. La lealtà diventa l’ultimo baluardo in un paesaggio che sembra crollare.

Con “Spiritualized”, Rbsn rallenta di nuovo il passo e si immerge in una dimensione contemplativa. È una ballata sospesa tra mistica e intimità, costruita su stratificazioni che crescono lentamente. Ombra e luce convivono, così come paura e desiderio di connessione. La fragilità qui non è un difetto, ma qualcosa di sacro, che trova senso solo nel contatto umano.

The Drought” e “Things She Likes” rappresentano due momenti di resa e maturazione. La siccità diventa metafora di un’assenza che fa crescere, mentre la seconda mette a nudo vergogna, rabbia e incertezza ereditarie. In entrambe, Rbsn mostra una scrittura sempre più consapevole, capace di trasformare il dolore in materia narrativa senza compiacimenti.

A chiudere il disco è “Beautiful Unknown”, brano ampio e sospeso che accetta il mistero dell’altro e di sé. È una conclusione aperta, che non offre soluzioni ma accoglie l’opacità come parte inevitabile dell’amore e dell’identità. La solitudine diventa quasi sacra, non più mancanza ma spazio di possibilità.

HERE è il frutto di una maturità artistica evidente, sostenuta da una produzione raffinata e da collaborazioni di alto livello. Ma soprattutto è un disco che nasce da un’urgenza autentica: creare una community attorno a un suono, a una visione condivisa. Rbsn non cerca di piacere a tutti, ma di parlare a chi è disposto a perdersi e ritrovarsi nei suoi paesaggi sonori. In questo equilibrio tra sperimentazione e immediatezza, HERE si impone come uno dei lavori più profondi e significativi della recente scena musicale italiana, un invito a fermarsi, ascoltare e, finalmente, dire: sono qui.

Anna Cimenti

TRACKLIST:

This Life
Here
Small Town Love
The Bear
You (Hallelujah)
Down & Out
Spiritualized
The Drought
Things she likes
Beautiful Unknown

LINEUP:

Alessandro Rebesani – voce, chitarre, sampler
Federico Romeo – batteria e percussioni
Emanuele Triglia – basso
Pasquale Strizzi – tastiere, pianoforte, rhodes, synth