Dark Angel
Extinction Level Event
Sembra che a tutti i trasher-kid fosse piaciuto molto il loro ultimo lavoro del 1991 mentre questo, dopo 34 anni di silenzio, ha ricevuto una accoglienza discussa e controversa, tra chi l’ha apprezzato e chi l’ha rifiutato. Va sicuramente preso atto di un indurimento molto esplicito che diventa pura violenza e marcata oscurità ed in questa dimensione truce possiamo trovare una positività congegnata per risultare asfittica e chiusa, misurata con l’impossibilità a illuminarsi di qualche spiraglio di luce. Forse una minore orecchiabilità a spiazzato i più, ma dentro non mancano spunti interessanti ed affascinanti. I primi due in apertura sono tirati episodi di pura cattiveria, con riff incessantemente spinti all’evocazione di maligna essenza; il migliore dei due è ‘CIRCULAR FIRING SQUAD’ che appare una rutilante valanga di elettricità e vocalizzi sporchi sotto una ritmica compressa e debordante, con l’aggiunta di un breve assolo atmosferico dal suono nervoso. Altrettanta carica iper-speed si trova alla chiusura dell’album, con una scatenata ‘EXTRACTION TACTICS’ che non ammette compromessi, anche quando rallenta nel ponte centrale che brucia di livore.
Meno furibonde le altre tracce, eccetto ‘Apex Predator’ che però è meno significativa tra le quattro più infiammate, ma sempre si evitano aperture ariose e la roca collera punteggia in senso continuativo tutte le composizioni. La lunga conformazione riffica di ‘WOKE UP TO BLOOD’, pur cadenzata e con velocità elevata solo a tratti, è un impasto ribollente di oscurità che perfeziona lo stato soffocante del disco, realizzando un cavalcata efficace con passaggi differenziati che variano l’insieme sempre però mantenendolo incombente. ‘SEA OF HEADS’ è un bel momento, più accessibile e forse quello che ricorda meglio il passato, piacevole per quanto sempre fumoso ed acre. Il tipico drumming della band viene fuori furioso con ‘ATAVISTIC’, e la tradizione più classica del thrash trova la sua propria dimensione, conservatrice in quanto genere thrash ma vibrante di giovanile ribellione nel suo carattere irruento. La lineare ‘SCARFACE THE ROOM’ urla in modalità hardcore una rabbia tesa, che la ritmica accentata rende ancor più diretta ed infiltrante.
‘Times does not heal’ del ’91 è un’opera migliore? Anche quello come questo non sempre permane a livello degno di nota, forse era leggermente più eclettico e raffinato, però anche questo possiede una carica densa che il songwriting esprime con buonissima anima, e troviamo qui alcuni pezzi di qualità pure superiori a certi brani di quello (‘An Ancient Inherited Shame’, per esempio, non è che fosse granchè). Il cantato, una volta quasi alla Anthrax, ora appare modulato ad una espressività più malevola preferendo la crudezza degli Slayer. L’ugola così gestita rende il senso globale più greve, sommandosi tecnicamente ad una sonorità già di per sé cupa per dirigersi verso una visione particolarmente opprimente. Del resto il cantante non è mai stato un virtuoso, neanche nei tempi migliori. E’ un disco che non ha voluto seguire la scia dei ricordi, e in tal senso è riuscito; senza cadere nella troppa modernità che magari avrebbe lasciato una stucchevole sensazione di ruffianeria, colpisce dove deve colpire e regala una verve acida. E’ fortunatamente un disco di musica intransigente e severa. Per certi versi questo full-lenght di thrash possiede una malìa più intrigante dei prodotti pur ottimi di Testament e Destruction usciti sempre quest’anno.
Roberto Sky Latini




