Battle Beast

Steellbound

Se il primo album della band finlandese nel 2011 era prettamente heavy metal, e il titolo stesso ‘Steel’ lo sottolineava, pian piano con la nuova cantante il sound si è trasformato in qualcosa di molto più leggero e commerciale e il titolo ‘Steelbound’ di questo del 2025 che tradotto significa “rilegato in acciaio” non rappresenta affatto la musica che vi si sente.Alcuni riff sono sì d’acciaio, alcuni momenti vocali sono belli duri, e talvolta il ritmo è meno disco, ma sono solo specifici momenti e non rappresentano l’essenza globale dell’opera. Tutto ciò con l’aggravante di avere ritornelli quasi mai personali ed originali. Il peggioramento vero e proprio lo si era già percepito con il disco appena precedente ‘Circus of Doom’ del 2022, davvero poco metal nonostante i vari agganci al genere. Fino al 2019 con ‘No more Hollywood Endings’ la qualità compositiva reggeva ancora bene, pur essendosi già ridotta un po’; persino nelle  canzoni meno heavy si trovava un songwriting particolare, anche elegante come era per esempio la magnifica title-track dove l’interpretazione vocale della singer possedeva elevato livello valoriale con pathos e grande teatralità. E poi in quel full-lenght troviamo anche una violenta scorribanda metallica power come ‘The Golden Horde’, veramente infuocata. Ma oggi come tre anni fa il gruppo si è molto addomesticato; intendiamoci, la produzione è ancora parecchio scintillante, ma il carattere e la scrittura hanno perduto l’ispirazione artistica. Quello che rimane è naturalmente una stupenda voce di cui la band giustamente si fa forte, infatti la cantante è una di quelle artiste difficilmente eguagliabili.

La breve ‘HERE WE ARE’ è bella perché possiede un’aria melodica aperta e solare con un bel ritmo frizzante, non è metal ma porta un feeling energico accattivante che arriva subito al punto, l’unica pecca è che non evolve evitando di infilare assoli o variazioni sul tema; di certo funzionerà a livello live. E sicuramente tra le cose migliori troviamo la title-track ‘STEELBOUND’ che anche col difetto di rifarsi troppo sfacciatamente al sound di quelle song pop-rock saltellanti degli anni ottanta dentro al genere di cui facevano parte Footloose/Flashdance, poi si accende con un interessante ponte centrale di durezza e forza che ne alza il tasso qualitativo in modo micidiale. Un buon momento elettrico lo si ha con l’impatto di ‘LAST GOODBYE’ che funziona meglio nella potenza delle strofe, mentre nel pur bel ritornello abbandona la cattiveria usata nel cantato iniziale per rendere l’atmosfera invece luminosa ma meno efficace. Il riff moderno di ‘WATCH THE SKY FALL’ poi va ad esprimere un cantato delicato e dolce che guida fino ad un refrain catchy, ma è l’assolo chitarristico virtuoso a dare la marcia in più nel suo shredding sfrenato e vale positivamente a sollevare le sorti della canzone.

I mezzi fallimenti ci sono come per esempio il brano di apertura ‘The burning within’ dove il bel rifframa roccioso iniziale, dalla carica massiccia, viene spento da un cantato commerciale fortemente canonico e scontato, così da realizzare un flop compositivo; ma troviamo anche veri e propri filler che si fanno percepire già tanto sentiti come ‘Blood of Heroes’ o ‘Riders of the Storm’ e a nulla serve in questi casi avere sentore di epicità o magniloquenza. Sono riempitivi trattati con la massima cura negli arrangiamenti, ma alla fine possono piacere solo a chi ha poco ascolti all’attivo e non a chi conosce già tanta musica. Da eliminare a priori ‘Twilight Cabaret’ che non è metal e pare una copia di tante canzoni già esistenti, e non la fa essere indispensabile per quanto la voce sia una vivace creatura di tecnica sopraffina.

Anche nella loro versione dura i Battle Beast sono sempre stati orecchiabili ma quando danno troppo adito a questa loro parte del carattere finiscono per indebolire il loro vigore anche se i ritmi rimangono molto accentati. Le ritmiche ballabili e le linee melodiche catchy sono troppe, ciò non toglie nulla alla favolosa voce di Noora la cui ugola arriva a note altissime, anzi spesso si riesce a goderla anche nei pezzi minori. Rimane una gruppo migliore dei Beast in Black e quando talvolta si rifà ai Nightwish o ai Powerwolf, lo fa prendendone le modalità meno interessanti. Alla fine il lavoro non aggiunge nulla alla loro carriera o al panorama metal che loro coprono. Troppe leggerezze, insufficienti pesantezze e input consueti senza sorprese; le esplosioni formali non sono esplosioni sostanziali. Ci si può comunque divertire spensierati ma non c’è pregnanza; sono peggiorati e non sembrano avere più quel carisma di una volta.

Roberto Sky Latini

The burning within
Here We are
Steelbound
Twilight Cabaret
Last goodbye
The long Road
Blood of Heroes
Angel of Midnight
Riders of the Storm
Watch the Sky Fall

Noora Louhimo – vocals
Joona Bjorkroth – guitar
Juuso Vikki – guitar
Eero Sipila – bass
Pyry Vikki – drums