Testament
Para Bellum
Questi americani ormai riconosciuti mentori del thrash, anche se a volte non personalissimi, e situabili tra le band sotto l’egida stilistica creata dai Metallica, nei loro ultimi lavori hanno sempre funzionato bene pur non creando veri e propri capolavori. Nella loro carriera più recente difficilmente hanno tentato di provare a costruire sonorità fuori dal loro canone tradizionale; qui invece tentano di forzare la loro irruenza e rabbia in maniera da estremizzarsi più del solito ed entrare con efficacia nel Death. Ci riescono bene, ma poi naturalmente c’è ancora tanto thrash. Ancora una volta si tratta di un full-lenght che non funziona sempre allo stesso livello, ma è comunque un’opera che migliora l’essenza artistica rispetto al vicino passato. C’è parecchia compattezza con alcuni sprazzi meno irruenti, ma si conferma la loro cifra espressiva ormai decisamente statuaria e corposa.I due pezzi iniziali dell’album sono i più duri e violenti; tra essi forse è ‘INFANTICIDE A.I.’ a rendersi più dinamico e fresco. L’apripista Death ‘For the Love of Pain’ è un impatto esuberante, uno schiacciasassi distruttore pieno di growl e scream che però in effetti forse si fa troppo impastato.
Il pezzo più bello appare ‘SHADOW PEOPLE’, dal ritmo cadenzato e con una frizzante atmosfera accentata, in cui si assiste ad un incedere dinamico che cambia nei suoi passaggi e si arricchisce con variazioni sul tema. Nel disco si passa dal death al thrash senza mescolarlo troppo nelle singole tracce, ma caratterizzando ognuna con la prevalenza di uno dei due generi. Nel thrash oltre a derivazioni alla Metallica abbiamo due brani che invece si rifanno allo stile dei Megadeth, e tra questi ultimi c’è l’intrigante ‘NATURE OF THE BEAST’che gioca tale ruolo sia nei riff che nel modo di cantare. L’altra alla Megadeth è ‘Havana Syndrome’, ma forse lo è troppo, avvicinandosi eccessivamente ad ‘Holy Wars…’ del 1990, e quindi risulta bello per quello; ma va a finire tra gli episodi minori proprio per essere troppo derivativa e poco originale. Invece con il finale epico della title-track ‘PARA BELLUM’ si scrive un’ottima song in grado di cavalcare con grinta ficcante la ferocia del gruppo, in maniera seria e autorevole.
Brani migliori e minori sono tutti ficcanti, danno il senso tonico della loro pesantezza, eccetto la ballata ‘Meant to be’ che in ogni caso dona un feeling evocativo da gruppo metal. La tradizione classica è rispettata e rinvigorita, emettendo purezza ed intransigenza. Il drumming è reattivo, mai piatto. La vocalità è in grado di cambiare registro più volte, qualitativamente performante in maniera continuativa, e non mancano le stilettate taglienti della chitarra solista. Non mancano nemmeno piccoli inserti eleganti, e vi sono anche diverse contrapposizioni di umore, come quella dell’assolo molto melodico dentro un brano brutale in senso Death come ‘Witch Hunt’, eppure qui la sei-corde realizza una delle migliori parti soliste. Sono quei lampi di genio che si possono avere anche quando le canzoni sono minori. Globalmente la costruzione dei pezzi è scevra da indecisioni, l’ascolto infatti regge perfettamente per tutto il tempo. E’ estremamente positivo che l’irriducibilità metallica della band sia stata conservata, essa è una realtà che non tradisce i fan.
Roberto Sky Latini