Ashes of Ares
New Messiahs
Quarto full-lenght dal 2012 per l’heavy sound oscuro di questa band americana che scatena la sua sulfurea immagine pulsando dura e pura. Con Barlow al microfono e Vidales al basso/chitarra è logico che torna lo standard compositivo degli Iced Earth, sia nel cantato che nella scrittura di fondo, seguendo quella loro linea seriosa pur con riscontrabili vari differenti input.La potenza pesante del brano ‘NEW MESSIAHS’ è data dal binomio dato da base ritmica e ugola maschia, che in maniera intransigente creano uno speed metal evocativo e scuro. Se la band inizia con espressioni acustiche lo fa solo per introdurre alla sezione hard, ma queste introduzioni hanno sempre un gusto raffinato e diventano essenziali allo spirito della canzone che aprono; avviene per esempio nella middle-time ‘WHERE YOU GO’ che elegante si espande con pathos evocativo lasciando una scia di feeling caldo. Altra perla è di nuovo una traccia a tempo medio come ‘INFECTION DECEPTION’, dove si incalza emotivamente verso una pressante epica malinconica e dove gli assoli, purtroppo troppo brevi, diventano reale valore aggiunto dentro una ambientazione dal feeling sentitamente immersivo. Il miglior pezzo veloce è ‘ATROPHY’ che si fa mezzo Power, mezzo Thrash, ottimamente tipizzando una scia classica alla Metallica che non lascia prigionieri. Con la compatta ‘LUST TO FEED’, resa a due velocità, si descrive una intensità espressiva rinforzata da una efficace seconda voce in acuto, ancora mantenendo il mood emozionale che ispira tutta l’opera.
Anche l’orecchiabile ‘Keep on Walkin’ starebbe posizionata tra i brani migliori, grazie soprattutto ad un ritornello avvolgente, se non fosse che va a basarsi troppo sulla ripetizione di tale ritornello, mancando di dare spessore sufficiente al resto che avrebbe avuto bisogno di uno sviluppo maggiore; è un brano commerciale in senso rock americano, ma è quella commercialità positiva artisticamente che non fa perdere il filo del discorso creativo. Fa sorridere ‘Wake of Vultures’ perché davvero copia spudoratamente gli Iced, infatti essa sembra una rigirata dell’inarrivabile ‘Framing Armageddon’ del 2007, e alla fine questa, pur buona in sé, risulta l’unico filler dell’album perché non si può auto-plagiarsi così e cavarsela. Risibile il tentativo di rendere metal la cover ‘The Captain and the Kid’ di Elton John, dato che l’originale rimane ben più incisiva, tra l’altro Barlow vocalmente neanche ci arriva, rovinandola nettamente.
Il batterista è cambiato, e la scelta appare azzeccata, infatti una delle cose migliori di questo lavoro è il drumming, davvero intelligente ed ispirato, con fill interessanti, variazioni intriganti e sostegno strutturale dinamico, guidato con intelligenza ed appropriatezza. Per l’ugola non tutte le linee vocali scivolano bene, con alcune incertezze piuttosto evidenti, ma nell’insieme essa possiede anima, e nella sua corposità trasmette dense suggestioni. Nella costruzione degli impianti vocali le sovraincisioni che stratificano ritornelli e passaggi, si rendono necessarie per un’assenza di virtuosismo del cantante, il cui essere roco è adatto ma che spesso non raggiunge tonalità utili alle linee melodiche. Lo spirito del disco fa emergere un sentimento forte per una sensibilità compositiva anche elegante. E’ un album ben piazzato nel panorama attuale, e i suoi pregi coprono i suoi difetti, infatti oltre alla voce non sempre all’altezza avendo difficoltà di modulazione, anche la registrazione non è prodotta tecnicamente al meglio, ma quest’ultima cosa non è un difetto vero e proprio, anzi rende più viscerale l’ascolto. Si vede l’impegno, la voglia di esserci e traspare anche un carattere verace che ottiene il risultato voluto.
Roberto Sky Latini