Vicious Rumors
The Devil’s Asylum
Il puro heavy metal di questa band, talvolta inspessito di thrash, è valoriale ogni volta senza presentare particolari problemi di scrittura, più o meno sempre funzionali e ficcanti. Nonostante i vari cambi di formazione sin dall’inizio della carriera, con anche ben otto singer ad intercambiarsi tra un disco e l’altro, la qualità è rimasta sempre alta e anche con questo nuovo quattordicesimo si ottiene un ottimo risultato artistico. La potenza e una certa oscurità continuano ad essere un marchio di fabbrica indelebile nel carattere di questo irriducibile combo di vero metallo.
Un brano come ‘BLOODBATH’ riveste l’essenza Power del gruppo, creando un muro compatto che spesso è l’emblema selvaggio di un sound riconoscibile dal punto di vista dell’oscurità, anche se nell’assolo troviamo una apertura solare in mezzo al marasma elettrico prodotto. Nell’album ci sono solo tre episodi tirati come questo, l’altro valoriale dei quali in chiusura è la title-track ‘THE DEVIL’S ASYLUM’ che è uno splendido masso di roccia schiacciante che non lascia scampo, e che dona quell’intransigenza furiosa simil-thrash che fa parte del dna metallico più duro. Poi ci sono diversi pezzi cadenzati, anche pseudo-ballabili come ‘DOGS OF WAR’ che fluisce lineare con sopra una linea melodica più classica, accompagnata da riff tonici, in cui c’è un ritornello adattissimo ad essere cantato dal pubblico in sede live. L’heavy che ricorda sia la fine anni settanta che l’inizio degli ottanta arriva in chiave americana con ‘CRACK THE SKY IN HALF’ che possiede un bel giro riffico fresco anche se un po’ vintage e dove c’è la sezione solista più azzeccata del lotto. La cavalcata tipica del metal tradizionale è la base di ‘HIGH HELL HAMMER’ che in modo arcigno ricalca schemi utilizzati anche da gruppi metal meno duri, eppure qui si opera abilmente la solita verve irruenta travestendosi anche di un minimo di suoni psych e il pezzo finisce per dare il giusto feeling acido. Abbastanza peculiare l’impianto di ‘BORING DAY IN HELL’ che da una parte gestisce la chitarra elettrica come farebbe Zakk Wylde e dall’altra utilizza il ritornello e poi un ponte meno feroce per toccare sonorità più hard di stampo seventies che potrebbe persino farci pensare ai Cheap Trick, e lo unisce così bene al resto da farne una modalità molto interessante di espressione, aggiungendoci poi come ciliegina un efficacissimo scorrevole assolo.
Sia certa riffica, sia tante cadenze vocali sono affiancabili allo stile degli Iced Earth, dove essenza epica e ridondanza oppressiva si mescolano al classico heavy, letto però in chiave dark. La bellezza è concreta grazie a magnifici assoli sferraglianti, ritmiche corpose e arrangiamenti molto equilibrati per idee ben congegnate; senza contare un basso che in diverse occasioni si affaccia alla finestra per corroborare il songwriting. Naturalmente nota specifica va pensata per l’ugola che come al solito trova la sua connotazione poderosa senza tradire lo spirito del gruppo. Il timbro è “fuoco” come è stato anche per cantanti del passato proprio dei Vicious, il fatto spesso di non avere ritornelli troppo orecchiabili è un pregio perché infatti di solito sono le strofe ad essere piene di pathos e pregnanza, con ritornelli che altro non sono la diretta conseguenza di tale impostazione. Gli acuti sporchi, le prolunghe vocali e l’incrostazione delle parole che varie volte cadono come pietre, è una forma del cantato che riprende quella degli altri precedenti lavori, e anche se si sente una differenza, il nuovo cantante riafferma l’unicità dei Vicious, risultando egli una artista che comunque ha personalità e merita proprio in quanto se stesso nella capacità di dare comunque valore alle canzoni. Il leader Thorpe ancora una volta ha guidato egregiamente la macchina da guerra che diventa vincente e vigorosa sia nelle tracce prettamente heavy, sia quando le alza energicamente verso il thrash; in entrambi i casi non perde la sua robustezza incalzante. Ciò significa opera di valore.
Roberto Sky Latini