Skracken

Echoes from the Void

Dopo un ep nel 2022, oggi tramite l’esordio con un full-lenght, la band svedese tenta di ampliare il proprio spettro sonoro, ed in effetti vi riesce; però non tutto appare esaustivo. In alcuni casi si ha l’impressione di ascoltare spunti che potrebbero evolvere maggiormente, ma comunque è un compendio interessante di diversi momenti suadenti e fascinosi. Attenzione, per quanto pieno di afflati anni settanta, molti tappeti chitarristici sono di stampo moderno, tanto usati nel grunge quanto nel desert-rock o in certo Black Metal, sono quei riff diluiti in ammorbidimenti non propriamente caratteristiche dei seventies, sebbene il travestimento sia riuscito. L’anima dell’antico hard-rock è quindi impastata alle sonorità degli anni novanta in una maniera anche abbastanza evidente.

La viscida ‘BY HIS WORD’ usa un riffing hard-rock sporcato di pulviscolo Stoner; le strofe sono cantate in modo bivalente, nelle prime battute la voce si staglia netta mentre nelle seconde si sfalda nelle note strumentali che l’accompagnano; l’anima è tesa su di un andamento che non sembra voler finire in modo completo, come una freccia partita che non arriva, come se la canzone avesse un potenziale ulteriore irrisolto. Anche altre canzoni sono così, per quanto riuscite meno bene. Il lato morbidamente descrittivo si distende in ‘WITCH’ che avvolge l’ascoltatore in una densità evocativa, esprimendo la verve di un rock settantiano usandone il lato meno pesante ma lasciando che la roccia si sgretoli in una franosa via di sabbia su cui è la linea vocale, tra le migliori del disco, a prendere il sopravvento in maniera pulita. Il doom arriva in vari momenti, ma la song meglio rappresentativa del genere è ‘VISIONS OF FIRE’ che mette insieme l’atmosfera leggermente scura operata dagli strumenti con la voce limpida che spezza l’oscurità pur con modulazioni che non salgono alla luce piena.

L’affascinante mini-suite ‘WASTED LAND’ è divisa in due sezioni, la prima è calda e sudata in una lentezza da desert-metal con un cantato però che vive di un’aria simile ad una sigla di un film di 007, con una interpretazione seducente sicuramente più modulata e raffinata delle altre linee melodiche presenti nel disco, poi si giunge ad un cambio di feeling nella seconda sezione che alza la tonicità greve in una dinamica punteggiata di accenti in cui ancora la voce tiene in piedi una tensione emotiva efficace e una indole più decisa rispetto al resto dell’album. Se uno vuole capire i difetti del lavoro, ‘Her Presence’ è l’esempio adatto, chiarificatore di come struttura e melodia non siano ficcanti quando sembrano lasciare l’idea di ‘buona la prima’, con passaggi incerti disseminati per tutta la traccia. Mentre una song quasi significativamente riuscita sarebbe stata ‘Sweet Silence’ la cui forza è data dal riff e dall’ugola, ma poi si perde per un drumming legnoso un assolo un po’ infantile, quest’ultimo anche tecnicamente scarso.

La cantante non elicita tecnicamente espressioni particolarmente virtuose ma sa generare delle buone atmosfere, anche se talvolta col freno a mano tirato. Il cantato è quasi sempre poco sviluppato nel disco, lasciando molto spazio al mood generale che è guidato dall’andamento sonoro strutturato da un rifframa ossessivo e ripetuto. Momenti crepuscolari ottenuti tramite passi armonici, si alternano a getti riffici più elettrici, non sempre riuscendo a mettere a fuoco il carattere dei brani. Mancano spesso gli assoli e purtroppo si sente, che il sentore dei pezzi sembra reclamarli; questa è sicuramente una pecca.
L’album è pieno di feeling, ma in alcuni casi emana troppe rarefazioni, pur interessanti, lasciando però passare le battute senza tirare le somme. Un disco valido ma con momenti di stanca non ben definiti, e anche le melodie in vari casi avrebbero dovuto essere maggiormente lavorate. Per certi versi è chiaro come alcune soluzioni siano acerbe, eppure vediamo una buona evoluzione che ha creato quattro ottimi episodi, essi fulcro di un temperamento che sa quindi costruire anche brani ben definiti; si tratta di una ispirazione quindi da ritenere discontinua ma con menti che, se sono focalizzati, sanno già attualmente intravedere le giuste proprietà da mettere in campo.

Roberto Sky Latini

Demoner utan gonon
By His Word
House of Greed
Witch
Her Presence
Sweet Silence
Visions of Fire
The Ghost of Society
Wasteland

Sofie-Lee Johansson – vocals
Sebastian Lindberg – guitar
Martin Nordin – guitar
Filip Spetan Magnusson – bass
Daniel Nordin – drums