Warkings

Armageddon

Eccoci in sette anni al quinto lavoro della germanica band di mascherati guerrieri, costruito bene, registrato con pulizia ed energia giusta, e suonato tecnicamente in modo ineccepibile. E’ un lavoro valido parzialmente perché ci sono pezzi, sì, non troppo scontati ma purtroppo anche molti giri di note davvero super-iper canonici, ascoltati centinaia di volte presso altri gruppi e da loro stessi utilizzati anche nei lavori precedenti. E’ una formula che piace e può trovare sempre aficionados, ma farla stare su un grado elevato non è facile poiché ha molte trappole strutturali da cui non si può evadere, bisogna saperle cavalcare. I Warkings non riescono a rimanere continuativi nelle loro espressività e quindi cadono più volte nella trappola suddetta.

La durezza e la compattezza di tre pezzi è fervorosamente arringante, e ti tiene sotto scacco a livello di heavy metal puro. La title-track ‘ARMAGEDDON’ possiede una linea vocale superba e fortemente tonica, bilanciata tra la voce pulita maschile e quella roca femminile che colpiscono subitaneamente, in un perfetto attacco power. Ancora pesantezza heavy, stavolta in modo cadenzato, con ‘GENGHIS KHAN’ i cui cori virili addensano la melodia che è, sì, orecchiabile ma ben pensata, e regalano un epico combattimento grasso e grosso. La ruvidità dei riff di ‘CIRCLE OF WITCHES’ è positivamente accostata ai singulti growl-scream e alla voce graffiante femminile perfettamente integrata nel songwriting; una pienezza rocciosa che scudiscia l’ascoltatore con il miglior feeling dell’album. Questi brani fanno parte a sé, e sono i migliori. Poi abbiamo altre due belle song, ma lo spirito cambia e andiamo verso una forma più morbida di stampo epico-folk.

La luminosa (nonostante il titolo notturno) ‘NIGHTFALL’ avvolge per la sua suadenza atmosferica, e la linea cantata riesce a far vivere una certa malìa. Un grammo di epica folkeggiante in più per ‘HANGMAN’S NIGHT’ dove troviamo una tasso duro maggiorato; tale canzone sta tutta dentro la tradizionale cantilena catchy del folk ma è l’unica dell’album che in tal senso non fa storcere il naso, e anzi presenta gusto e misura. E quando si storce il naso? Molto spesso, in tutti gli altri episodi. Succede con ‘Kingdom Come’ che sembra ripetere un ritornello stantìo e perpetuarne semplicisticamente il mood senza consistenza; poi c’è una ‘Troops of Immortality’ che tende a usare uno schema iperabusato come compitino ben fatto, ma senza scintilla creativa. Infine si raggiunge l’apice scostante con ‘Varangoi’ e ‘Stahl auf Stahl’ che più deja-vù non si può, e che non solo annoiano ma anche ti allontanano dalla voglia di mantenerle nello stereo. L’unico pezzo scarso con un minimo di appeal è ‘Kings of Ragnarok’ che però può soddisfare solo chi finora non ha mai ascoltato granchè. Ed evitiamo di soffermarci troppo sulla ballata ‘Here comes the Rain’ che è una traccia inutile. Insomma in generale si tratta di note prevedibili in automatico sin dall’inizio ogni volta che una strofa o un guitar-fill prende vita.

Gli assoli elettrici, taglienti o melodici, funzionano più o meno tutti, non è lì la debolezza delle canzoni. Le voci sarebbero ineccepibili anche se la sensazione è quella che la voce femminile della cantante turca Secil Sen avrebbe funzionato meglio di quella maschile di Georg Neuhauser nei pezzi in cui non è presente. Lei non usa più solo il growl, anzi lo usa poco, e guadagna voti per un cantato pulito ma graffiante e sporco molto ficcante, e spesso tempra la canzone rispetto all’ugola più raffinata del timbro maschile che è addirittura meno virile di quello di lei. Il gruppo scrive meglio dei Powerwolf a cui rischiano di assomigliare; infatti quando esso mette in conto pezzi fumettosi li arrangia in modo meno kitsch del gruppo sopracitato, lasciando che rimanga il succo basilare dell’heavy metal, ma sono proprio gli accordi usati e le note delle melodie ad appiattirsi in esiti adolescenziali senza originalità. Eppure quei cinque momenti sgargianti ci sono e stabiliscono che il potenziale esiste, ma sono ispirazioni artistiche che si aprono in maniera minoritaria nelle menti di questi compositori. In realtà tre di quelli, come è stato già detto all’inizio di questa recensione, appartengono al genere strettamente heavy che non è appunto folk, e lì la band sembra più a proprio agio, mentre nella sua essenza preponderante di epic-folk questi musicisti sembrano un po’ suonare falsi e vuoti.

Come dicevamo prima, il genere bisogna saperlo cavalcare, ai Warkings servono le selle perché a pelo spesso non si reggono su.

Roberto Sky Latini

 

To Lindisfarne
Armageddon
Genghis Khan                 (feat. Seeb Levermann – Orden Ogan)
Kingdom Come
Morgana’s Incantation
Circle of Witches
Kings of Ragnarök
Call to Arms
Troops of Immortality
Nightfall
Hangmen’s Night           (feat. Dominum)
Varangoi
Here Comes the Rain
Stahl auf Stahl                (feat. Subway to Sally)

The Tribune – vocals
Morgana Le Fay – vocals
The Crusader -guitar
The Viking – bass
The Spartan – drums