Rokets

Bad Choices

Molte band negli ultimi anni scelgono la semplicità diretta, quella del rockeggiare classico, con riff-rama non originalissimi ma che vogliono accendere fiammate che bruciano subito. Si comportano così vari gruppi, come per esempio quest’anno i Black Spiders e i Plasticdrops, questi però fanno il filo anche agli anni novanta tra punk adolescenziale, stoner e grunge, mentre i finlandesi Rokets sono attaccati a pressione all’Hard and heavy più antico e viscerale. Si tratta di brani semplici ma non semplicistici, che raggiungono immediatamente il punto ma rimangono densi ed intelligenti. Un terzo lavoro senza grandi difetti, costruito a servire chi vuole far scorrere l’istinto, ma dedicato anche a coloro che vogliono sentire una costruzione sensata.

La title-track ‘BAD CHOICES’ fende l’aria con un riff elettrico d’attacco e l’energia monta per un ritornello tra il rock’n’roll ed il punk; la verve che emana è trascinante. ‘LAW & ORDER’ rolleggia danzereccia alla Ac/Dc e sprona le membra ed il capo ad ondeggiare a ritmo, con la fottuta anima delle band anni settanta da garage rock. Con il riff nettamente Heavy Metal, stile i belgi Killer del 1981, ci si smarca un po’ dal rockin’ punk che talvolta emerge, e con una voce che ricorda un po’ Tim Baker dei Cirith Ungol, sforna un risultato aggressivamente attraente e nettamente ficcante. Con ‘LIGHTS OUT’ si rimane ancorati all’heavy, quello di fine anni settanta vomitato dai Motorhead, riff stoppati e drumming tonico per una frizzante e vibrante caratterialità. Fuori dall’attitudine sonora “tutto e subito” sta la più melodica ‘WHITE RAVEN’ che trova una linea cantata più articolata ma fermamente vincente; non si tratta di un brano cerebrale però possiede un’ampiezza espressiva luminosa che si apre in modo felice e solare a testimonianza di una bravura che va al di là della presa di forza. Non ci sono filler in quanto anche nei pezzi minori si trova freschezza e ci si diverte.

La riffica tagliente funziona che è una meraviglia. L’ugola è altrettanto acuminata, leggermente roca ed abbaiata come un coyote scattoso, che fuoriesce tra le sferzate di un’aria pungente. Ha pure lati orecchiabili, ma mai insistiti, giusto il minimo per diversificare e rimanere impressi. L’impostazione punk diviene molto spesso metallica e la fa da padrone l’urgenza esuberante. Non tutti i brani spingono al massimo ma l’elettricità è un filo conduttore che pervade la loro essenza. Anche le parti soliste, nettamente mutuate dal rock sporco di stampo Street e Hard, generano passaggi piacevoli e dinamismi scintillanti. Un altamente godibile metallo primigenio, saltellante e inspessito da un bel chitarrismo vivace, che non genera mai stanchezza ma pompa adrenalina. Musica per rockettari puri. Era quel sound che non aveva la poderosità quadrata degli Accept e dei Judas, ma che schiacciando l’acceleratore generava lo speed precursore del thrash, rimanendo legatissimi alle volute sudate ed impennate di gruppi meno impegnativi dal punto di vista strutturale. Lo sfogo umorale è generoso e l’appeal è potenzialmente adatto alle incursioni live, generando come minimo spontanei scatenamenti.

Roberto Sky Latini