Plasticdrop
Life,Death and Miracles
A chi piace un sound divertente di stampo rock’n’roll ma non troppo semplicistico e datato (per intenderci Girlschool; Thunder Mother), ma nemmeno troppo arzigogolato, questo disco italico è adatto. Metal, grunge, stoner e rock’n’roll trattati con un buona dose di personalità, in una atmosfera Garage-Rock, senza perdita di feeling anche se talvolta si fluidifica eccessivamente limando il piglio aggressivo che è lo stesso errore che commettono i Foo Fighters ai quali possiamo avvicinare tale realtà nostrana. E’ comunque un lavoro fresco, accattivante e ben riuscito che interpreta in maniera efficace un genere americano dei nostri tempi, senza apparire né derivativo né passatista. Si tratta del primo full-lenght, dopo un esordio in ep, per questa band sarda che saltella frizzante dalla prima nota all’ultima.L’Hard virato in salsa Grunge di ‘LIFE’ è un bel ruvido attacco orecchiabile, che gioca con la parte iniziale del giro chitarristico di ‘Day Tripper’ dei Beatles ma che in verità è tutt’altro, cioè un gustoso pezzo alla Foo Fighters dall’anima live.
‘NOTHING TO SHARE’ è invece un rock’n’roll elettrico che poteva stare bene in un album del canadese Danko Jones, e ciò non vale solo per questa canzone ma anche per la scattante ‘DEATH’ ancora più tipica di quel chitarrista/cantante; e qui troviamo anche un assolo finale intrigante. Per ‘DON’T LEAVE ME NOW’ possiamo individuare una vena rockettara dello stesso Danko ma con una molto maggiore iniezione di Grunge che ne limita il senso funny per immettere una piccola ombra introspettiva. Va considerato che Danko Jones può essere un paragone avvicinabile anche ad altre ulteriori tracce di questo disco. Lo Stoner emerge all’ascolto di ‘Simply Beautiful’ che però si mescola positivamente ad un influsso blues, ma negativamente ad un cantato un po’ troppo addolcito da un afflato semi-pop; non si tratta di un filler, ma perde parzialmente di efficacia.
L’energia allegra, solo a tratti mezza-introspettiva, è perfetta da vivere sotto il palco facendo guitaring o scatenando l’headbanging spensierato. La voce calda, leggermente roca, è assolutamente integrata e funzionale al genere suonato. Tasso grunge più alto di quello stoner, ma di base è puro rock’n’roll, del resto siamo all’interno di confini labili, dove l’essenza rockettara vince, seppur in termini melodici dal punto di vista delle linee cantate, mentre la sei corde s’impegna a mantenere una distorsione elettrica piuttosto scintillante. L’ascolto è di facile fruizione ed è quello che ci si aspetta da un rock tonico; magari spingere un po’ più sul tasto d’assalto avrebbe giovato, diminuendo magari alcune flessioni malinconiche che indeboliscono la scrittura (sebbene in ‘Miracles’ al contrario il songwriting ne giovi). Non è una attitudine sperimentale né d’avanguardia ma usa un sound non commerciale in senso commerciale, lasciando però la verve rockettara intatta. I brani non usano particolari virtuosismi strumentali preferendo la tacca espressiva a quella tecnica e riuscendo così a creare un groove adatto ad entrare in contatto diretto con l’ascoltatore. Nelle canzoni c’è il minimo che serve, eliminando potenziali ridondanze o inutili aggiuntivi. Un buon disco che non pretende di essere intellettuale e in questo approccio sta il suo lato positivo, dando il giusto peso a ciò che è semplicemente rock.
Roberto Sky Latini