Invernoir

Aimin’ For Oblivion

Da sempre sostengo che l’Italia non ha assolutamente nulla da invidiare al panorama internazionale, se non il fatto che nel resto del mondo ci sono etichette pronte ad investire in progetti validi, cosa che purtroppo nel bel Paese succede davvero di rado, ma soprattutto in altri paesi il metal, con tutte le sue derivazioni, è considerato qualcosa di serio e non una velleità adolescenziale o tardo adolescenziale: il metal è una cosa seria!
Mi sono permesso questa premessa, perché mi trovo a recensire un disco di una band italiana, più precisamente romana, che merita davvero perché è un album che nel suo genere, ma anche guardando un po’ oltre i confini di genere, è una nera gemma splendente: un opale lucido e ben levigato, capace di assorbire la luce e i sentimenti ed inviare fuori uno scintillio fosco che ha una capacità di spandersi come i raggi solari si irradiano in maniera diffusa all’interno della bruma. Sto parlando degli Invernoir e del loro secondo album Aimin’ For Oblivion: disco che vi catapulterà negli anni d’oro della scena gothic-death/doom degli anni ’90; gli anni dei capolavori di gruppi come Anathema, Paradise Lost, Katatonia, My Dying Bride, Type O Negative, ma anche di band italiane del calibro di Novembre, Crown of Autumn o Journey Through The Dark, tanto per fare qualche nome, ma il bello è che gli Invernoir sono gli Invernoir: certo le influenze si sentono e sono ben presenti, ma vengono elaborate secondo un tocco ed un gusto molto personali e soprattutto molto italiano, che ricorda molto da vicino i già citati concittadini Novembre, con i quali condividono la presa di ispirazione di quel senso melodico malinconico/drammatico che parte dalla tradizione italiana.
La citazione di tutte le band si menzionate non tragga in inganno nessuno, le ho usate semplicemente per offrire a chi legge un metro di paragone e per far comprendere il valore effettivo di questo combo capitolino, che non sfigura affatto accanto a questi nomi tutelari, anzi ne rappresenta una sorta di continuità di intenti ben fissa però nei giorni nostri ed è un discorso che non vale solo per i suoni e la produzione, ma molto di ciò è legato proprio alle composizioni in cui spicca quel tocco moderno nell’approccio allo sviluppo di ogni singolo brano, in cui la volontà e la capacità di attirare e attivare l’attenzione sono espresse sin da subito, tanto da andare a travalicare gli stilemi compositivi metal, per andare in territorio quasi pop, andando subito al dunque.
Gli Invernoir sono stati una piacevole scoperta con il loro primo album The Void And The Unberable Loss, in cui si potevano ascoltare in maniera più prominente le influenze su citate, ma si poteva notare già una forte personalità e coscienza dei propri mezzi e questo Aimin’ For Oblivion ne è una più che degna conferma, grazie soprattutto ad una capacità di creare armoniose melodie decadenti e malinconiche ma capaci di brillare costantemente, non solo andando a conficcarsi in testa sin dal primo ascolto, ma penetrando anche l’anima che non disdegna affatto di veleggiare ariosa in questa marea eterea creata ad arte dai Nostri, i quali sanno dare dei forti scossoni quando c’è da andarci giù pesanti, alzando parzialmente i ritmi e sfoderando una cattiveria nel riffing che ben si sposa con la parte più riflessiva e cadenzata: un esempio di tale padronanza della materia è sicuramente Unworthy, in cui si possono notare tutte le splendide dicotomie che caratterizzano questo splendido lavoro, ma potrei citare Useless o Desperate Days come altri esempi presenti nel disco, per dare lustro alla capacità degli Invernoir di saper scrivere brani in grado di spingere sulla capacità di evocare suggestioni di un mondo che non appartiene a questa realtà e in cui tutto sembra muoversi seguendo altre leggi.

Aimin’ For Oblivion si staglia prepotente all’interno di un panorama saturo grazie alle sue splendide melodie, ben congegnate e ben strutturate, decadenti e malinconiche ma senza risultare stucchevoli ma soprattutto dotate di una dinamicità importante, sapientemente dosata lungo tutto lo scorrere del disco: tutto questo dona al classico una nuova vita e al moderno una capacità di essere differente rispetto alla maggior parte dei prodotti che invadono il mercato ogni giorno. Da non sottovalutare, inoltre, l’aderenza delle musiche con la splendida raffigurazione della copertina, anch’essa estremamente evocativa, capace di confondere gli animi e dinamica.
Gli Invernoir sono promossi a pieni voti, grazie ad un lavoro splendidamente confezionato in ogni aspetto.

Daniele “Darklordfilthy” Valeri

Shadow Slave
Doomed
Desperate Days
Forgotten in Time
Broken
Few Minutes
Unworthy
Useless

Alessandro Sforza – vocals, guitars, keys
Lorenzo Carlini – guitars
Valerio Lippera – bass
Flavio Castagnoli – drums