Nightwish
Yesterwynde
Il nuovo disco di questo mitico gruppo è molto bello, ma in più parti sembra il riassunto delle puntate precedenti. Certamente dobbiamo sottolineare ancora una volta che i migliori in questa stilistica sono i Nightwish, non nel Symphonic in sé che gli Epica predominano in un più alto livello, ma nella versione che i finlandesi hanno sdoganato da tempo. Un sinfonismo molto fluido e frizzante, mentre gli Epica prediligono l’epicità ed una certa densa oscurità. La potenza comunque non manca nemmeno qui, e con ariosità si inseriscono alcuni riff e ritmi corpulenti.‘AN OCEAN OF STRANGE ISLANDS’ impatta con enfatica durezza, e nelle sue variazioni costruisce una atmosfera di ampio respiro, salendo e scendendo emozionalmente, in una perfetta forma estetica che viene gestita in sicurezza con un bel carattere metal nonostante le sezioni morbide; scorre così bene che non sembra nemmeno durare oltre i nove minuti. ‘THE ANTIKYTHERA MECHANISM’ è un pezzo classico della tipicità Nightwish, un po’ orientaleggiante, voce maschile/femminile a intervallare il canto, e ritmo cadenzato a farsi ballabile, ma l’anima integerrima è incalzante e forte, soprattutto la parte centrale strumentale che alza la tonicità verso una certa frenesia espressiva, piuttosto maestosa. Originale per la band usare la modernità di ‘THE DAY OF…’ dove un certo sottofondo elettronico ed un arrangiamento leggero, danno alle evanescenze corali di voci infantili e al cantato semi-pop una valenza aperta e di facile fruizione, ma non negativamente commerciale, e la presa sull’ascoltatore è assicurata senza che la song diventi semplicistica. Ancora più fruibile è ‘THE CHILDREN OF ‘ATA’, pulita e orecchiabile, che ricorda i tempi prima del 2015, ma assolutamente di pregio la dinamicità al secondo minuto e 50 secondi che regala un effetto di pompata magniloquenza.
Ecco con ‘Perfume of the Timeless’ arrivare quel concetto inizialmente espresso che voleva significare come vari momenti appaiano già sentiti. Avviene in diverse parti dell’album, ma in questa composizione ciò diventa una strutturazione netta quale esempio in tal senso: è un brano che ripercorre alla perfezione gran parte della carriera del combo. Dall’inizio alla fine della traccia è come se tante vecchie anime già espresse si mescolassero qui in un revival di se stessi. In sé è un pezzo splendido con anche un poderoso ritornello irretente, se non fosse che nemmeno un passaggio si salva dal deja-vù, e quindi più che ammaliante lo considererei ruffiano. Inoltre non capisco perché far ripetere in modo soft il ritornello alla voce maschile, invece di immettere un ponte che sia variazione sul tema; sono secondo me facilonerie che un tale grande gruppo dovrebbe evitare. Un po’ scontata anche ‘Spider Silk’, ed insieme al fatto che essa sia parzialmente commerciale, finisce per essere uno dei punti deboli del lavoro. Buona la soft-song ‘Lanternlight’ che però non raggiunge l’essenza magica e suadente di altre canzoni calme del passato come ‘Eva’ e soprattutto la celestiale ‘Meadows of Heaven’.
La dignità di un tale gruppo rimane nella storia, intatta. Nonostante le piccole pecche autoreferenziali, il disco di questo 2024 è anzi di molto migliore del penultimo ‘Human:II:Nature’ del 2020 che era risultato un po’ troppo diluito, e inoltre questo è il migliore con Floor Jansen (senza comunque raggiungere gli apici artistici di ‘Once’ con Tarja e ‘Dark Passion Play’ con Anette); ma finalmente da studio la voce di Jansen viene valorizzata meglio. Pur seguendo la scia dei due dischi precedenti, abbiamo un’opera che si perde meno in scene cinematiche e va più al sodo, riprendendo parte delle antiche forme compositive, quelle dal piglio diretto e deciso. La voce maschile è invece un po’ insipida, ci sta bene ma non possiede nemmeno un briciolo del carisma di Marko Hietala che quegli inserti vocali li avrebbe valorizzati meglio, come anche nel duetto con Floor inserito in ‘Hiraeth’, che benché soft, Hietala avrebbe gestito benissimo, imprimendogli sicuramente più sapore.
La chitarra è virile come sempre, le tastiere intrecciano continuamente le proprie essenze atmosferiche con classe ed intensità, il drumming è costantemente efficace, e nell’insieme tutto l’impianto non presenta difetti, realizzando un compatto tenore comunicativo. E’ finito il tempo dell’innovazione per Tuomas che con la Jansen tenta carte più descrittive e meno sperimentali; riescono bene perché parliamo di un artista di valore, ma in alcuni episodi sembra esplicitamente non voler uscire dalla zona comfort, e ciò appare davvero una volontà più che una incapacità, in quanto si percepiscono dei passaggi suggerenti l’aprirsi ad altro, ed invece non si varca la soglia. Si celebra insomma soprattutto la band come ente fondatore di un genere (esordio 1997) che ha dato il via a tante realtà cloni, mai in grado di eguagliare i Nightwish, e anche in questo caso si battono tutti gli altri concorrenti (eccetto gli Epica appunto). Input differenti ci sono e rendono pregnanti le canzoni grazie ad un giusto equilibrio, quindi tra un passo avanti ed un passo indietro il voto non può essere che alto, e lasciate perdere le criticità, che alla fine qui si gode senza ombra di dubbio.
Roberto Sky Latini