Enrico Benvenuto
Transition
Certamente il nome di Enrico Benvenuto non dirà nulla ai più ma lui può vantare una militanza dal lungo corso nel campo musicale avendo iniziato a suonare la chitarra già quattordicenne quando fonda dopo un periodo di studi dello strumento , fonda la sua prima band chiamata Klerics. Con la quale debutta discograficamente con un album dal titolo Dark Paradise,che venne distribuito in tutta Italia.Lasciata la band a seguito d’incomprensioni sulla direzione da prendere si unisce ad un’altra band chiamata Dammercide, insieme ad altri elementi di un gruppo gli Armageddon e con questi musicisti comporranno ben due albums Link e The Seed.Dopo di ciò contemporaneamente a questo compone l’album che stiamo adesso recensendo che si chiama Transition.
La band che accompagna il nostro è formata dallo stesso Enrico Benvenuto guitars & programming Marco Portalupi al basso e Massimo Balanzino alla batteria.Quello che nota è la mancanza di un cantante e che quindi ci troviamo di fronte ad un disco strumentale per altro molto ben fatto sia a livello compositivo sia per la qualità dei pezzi e la qualità del sound il tutto gode di una produzione veramente ben realizzata pulita quanto basta ed anche la veemenza di un suono potente che arriva dritto come una spada.C’è subito da annotare uno stato di fatto che se questo disco fosse uscito quando andavano di moda (mamma quanto odio questa parola N.D.R.) i guitar hero sarebbe uno di quei dischi che non avrebbe avuto nulla da invidiare rispetto ai soliti nomi quali Joe Satriani Steve Vai Marty Friedman o Tony Mc Alpine per dire.
Da conto però essendo un disco che esce adesso possiamo tranquillamente dire che Transition è un disco coi fiocchi che ci mostra tutto il talento di Enrico Benvenuto e tutto il suo campionario fatto di sweep, legati, plettraggio alternato e quant’altro.È un disco che malgrado sia strumentale non fa sentire la mancanza di un cantante,e uno dei grandi pregi è che sia un disco molto vario con brani stupendi e piacevolmente diretti e senza fronzoli, ed anche quando nella parte centrale del disco ci propone brani che potremmo paragonare al periodo world music di Marty Friedman. Uno dei brani che mi è piaciuto è quello acustico che si trova verso la fine del disco Legacy , in questo pezzo possiamo sentire tutta la chitarra con le sue plettrate. A parte questo anche il resto della band accompagna a dovere il nostro eroe mostrandosi all’altezza della situazione fornendo una prova di qualità.
In conclusione mi sento di consigliare questo disco a tutti gli appassionati di chitarra e non solo soprattutto perché questo è un disco che sia aggiunge a quello di Matteo Mancuso con il suo disco meraviglioso Samba Party.
Stefano Bonelli