DGM
Life
La classe non è acqua…ma voce e chitarra. Ma c’è tanta bontà anche negli altri settori. Siamo di fronte ad uno degli album più belli dell’anno perché questa band italiana sembra avere ancora il fuoco in corpo. Signori musicisti che, guidati da un superMularoni, dipingono quadri pieni di sensazioni ampie e colorate. E la magnificenza impregna più di una song. Si vola, si sale in alto e poi si scende in picchiata sferzando l’aria con purezza sonora, per gettarsi in feeling frizzanti che diventano dinamismi simili al ruscellare di acque impetuose.
Già alla seconda traccia ‘TO THE CORE’ ci si apre ad una sensibilità intrigante che afferra suggestivamente, ed essa rimane in testa come una piccola gemma anche grazie al forse migliore assolo del lotto. La suprema eleganza si ha però con il poker da voto dieci, messo tutto insieme dalla terza traccia alla sesta; si tratta di quattro episodi che brillano ognuno attraverso uno sfolgorante sentimento emozionale. ‘THE CALLING’ apre le danze sublimi con una cadenza dura anche se a vivere di vita propria è la melodia che s’infonde sull’ascoltatore con sfumature ombrate in grado di creare un saliscendi emotivo dal grande pathos, c’è una raffinatezza interpretativa che ammalia e blandisce; tra una accentazione e l’altra del cantato si fanno docili e poi intensi i bei passaggi ideati, alternando diversi sospiri d’anima.
In questo pezzo la voce utilizza il massimo della sensibilità interpretativa riuscendo magnificamente ad estrarre uno spirito pregno di feeling; alla linea cantata si contrappone poi una parte solista più accesa e frenetica che non manca però di altrettanta ricchezza espressiva. Poi arriva ‘SECOND CHANCE’ che vede la chitarra fare evoluzioni continue in maniera sinuosa, su cui la bella melodia si staglia sostenuta da ritmiche vivaci, ed insieme tutto procede tanto accattivante quanto in modo deciso. L’assolo predilige un tocco melodico ad uno saettante senza mai perdere in potenza o allentare la presa, per cui il fascino permane senza cadute di tono ed il ritornello solare conduce verso una vibrazione ottimista. Il brano più orecchiabile e cadenzato, ‘FIND YOUR WAY’, fa parte di questa quaterna superiore anche se è più orecchiabile e facile da seguire; anzi in questo sta la sua forza avendo trovata anche una melodia vincente.
Ivi si percepiscono sentori alla Rush, ma la personalità della band si conserva netta; e la voce certamente contribuisce a tale ultimo scopo. Attenzione anche alla parte chitarristica che offre un’altra prova di spessore, certamente per la tecnica con cui si gestisce il rifframa, ma è l’assolo che fa crescere l’essenza elettrica, assolo dove emerge una carica di acuti tenuti per sferzare con staffilate di bellezza l’orecchio di ascoltatori esigenti. Dopodiché arriva la pesante ‘DOMINATE’ con tutta la sua densità ritmica, inoltre la sua vocalità presenta determinazione e il ritornello, ancora una volta arioso, funziona a dovere; l’assolo melodico non lesina energia ma è tutto il pezzo a rendersi irresistibilmente ficcante, è il risultato di una vena heavy dotata di forte caratterizzazione made in DGM. Naturalmente altri bei momenti mantengono l’album in posizione elevata come il brano d’apertura ‘Unravel the Sorrow’ e la più introspettiva ‘Leave all Behind’, mentre in senso particolarmente prog colpisce positivamente la strumentale ‘Eve’ che pur uscendo un po’ dalla stilistica del lavoro ci fa carpire qualcosa dell’estro artistico del compositore. Invece ‘Journey to Nowhere’ è quella che si pone in modo più canonico e diventa una song minore; in effetti il cantato abbandona una certa creatività per farsi meno peculiare, oltre al fatto che neanche la gestione della chitarra, ritmica o solista che sia, colpisce in modo particolare.
C’è una malinconia di fondo in questi brani, ma anche una prontezza di spirito fortemente reattiva. Un undicesimo lavoro che non è tutto allo stesso alto livello, ma che nel suo meglio supera mille altri interlocutori del panorama metal attuale. Forse siamo di fronte ad un’ugola che oggi si è superata nonostante le ottime performance di qualità del passato; le sue modulazioni, i cambi di spessore e la sua prontezza nell’enfatizzare i vari segmenti sono una ricchezza immensa per questo gruppo ormai maturo da tempo. Voce sicura di sé quindi, poi chitarra arrembante ma dalla silhouette morbida che sottolinea ogni istante delle singole canzoni, e quando passa agli assoli sembra voler vivere sino alla massima tensione, senza dimenticare gli altri strumenti che sanno tutti il fatto loro come la sezione ritmica, ma anche le nobilitanti tastiere, fresche e necessarie. Ogni brano, anche quelli meno significativi, sono curati al massimo e la produzione fa onore alla grande musica suonata. E’ un po’ forzato parlare di Progressive a tutto tondo, la sostanza centrale è intelligente class-metal con attitudine prog-metal, ma quest’ultimo non più di tanto. Considerando l’intelaiatura riffica dei dischi precedenti, questo appare più snello ma la solidità ficcante è rimasta la stessa e non appare un disco più melodico di quanto fatto in passato. L’insieme di armonia e compattezza è comunque una caratteristica che la band porta da sempre con sé, e in questo album è ancora ben leggibile questa doppia forza, pur dentro un amalgama ben coeso. La bellezza non esplode subito, ma al terzo ascolto diventa impossibile staccarsene.
Roberto Sky Latini