Un Feto schiacciato senza tre Falangi
Scheletro
La dissacrazione rockettara italiana trova un tonico energizzante nel nuovo disco degli Scheletro, gruppo crust-punk rutilante che ricalca il classicismo di genere hard-core, lo fa con quel quid in più che caratterizza i gruppi più ispirati. Giunti al secondo lavoro dopo la pausa di quattro anni da ‘Farfalle dentro al vomito’, si torna alla carica, qui si raccontano sesso, oppressione e morte, temi soliti di certo metallo, sì, ma coniugati con una verve tossica molto particolare. Si canta in italiano e i testi hanno una importanza notevole, si nota che non sono stati buttati giù d’istinto; posseggono un’essenza curata e attenta.“IL VIZIO DI VIVERE” corre a tutta velocità nella più classica vena hardcore-punk, intransigente sebbene con una melodia di fondo che in qualche modo sembra ricordare De Andrè. ‘TRE AVE MARIA PER OGNI SUO DITO’ è un pezzo piuttosto interlocutorio con diverse modalità espressive e cambi di ritmo. ‘L’ACCOLLO SEI TU’ si divide in tre ritmiche, una cadenzata utile all’Headbanging; un’altra dal ritmo parossistico che porta a convulsioni da scarica elettrica e la terza doom per scurirsi, il tutto con ficcante incisività.
Il pezzo che inserisce una certa ironia sonora è ‘SE RESPIRARE SERVISSE A QUALCOSA’, e lo fa col ritornello che appare ludico e divertente, quasi alla Skiantos. Unico episodio non spedito è ‘Né acceso, né spento’, che mette dentro anche un tasso orecchiabile maggiore, ma lo fa nello stile del gruppo senza snaturare alcunché, perché l’abito rimane rock-duro, non è una ballata, solo si fa introspettiva; e qui si cambia totalmente il minutaggio andando oltre i cinque minuti. Cinque pezzi sono posti tra due e tre minuti, mentre due, ‘Da Subdolo a Subdolo’ e ‘Una Matrioska rotta’, ne vanno sotto. In totale otto tracce per 21 minuti e 40 secondi, non un ep, ma un minialbum, in ogni caso del tutto esaustivo e soddisfacente.Il fatto che per la maggior parte siano pezzi brevi fa sì che rimangano pietre scagliate con forza, ma va dato merito alla band di essere capace di costruire intersezioni e aperture in grado di rendere ricche tutte le song pure in uno spazio di tempo così limitato. Dal punto di vista vocale le voci s’intersecano con abile fluidità, più graffianti o più corpose a seconda dei segmenti, con cori tipici che fanno comparsa nei momenti giusti.
C’è del growl anche se non è la tecnica più presente. Più comune l’uso di una voce roca, non tanto in realtà, che non urla ma sa porsi in modalità differenziate ampliando il campo espressivo, evitando che i pezzi diventino claustrofobici. Se le accelerazioni diventano un muro compatto, a volte al limite del Thrash/Death, sono però gestite con i dovuti rallentamenti e modifiche nella ritmica. La scelta è generalmente però quella di non dare spazio a brani interamente cadenzati o doom, preferendo di queste escrescenze, farne segmenti per arricchire il senso delle singole canzoni, trovando così variazioni sul tema. Chitarre che corrodono, ma che anche strutturano ottimamente il songwriting. Il feeling punk è culturalmente conservato anche se non si accetta concettualmente il semplice “spara e corri”. Un lavoro interessante da ascoltare, e non solo per le liriche, ma proprio per il sound, che dà il pungolo energetico a chi ama questo tipo di musica irriverente e scatenato. Nessun filler, nessuna caduta di pregnanza nemmeno nel pezzo meno irruente, o in quello meno elaborato. E’ musica immediata, eppure non banale; di sicuro tosta.
Roberto Sky Latini
Time to Kill Records
www.facebook.com/scheletroband
Il Vizio di Vivere
Prima Pagina Insanguinata
Tre Ave Maria per ogni suo Dito
Se respirare servisse a Qualcosa
Da Subdolo a Subdolo
L’Accollo sei Tu
Una Matrioska rotta
Né acceso né spento
Lo Scheletro – vocals
Hell Nenni – guitar
Fitz Ravik – bass
Senzafaccia –drums